Buona parte delle lesioni della mammella di interesse clinico-chirurgico può essere oggetto di trattamento ambulatoriale. Possiamo fondamentalmente distinguere due ambiti di interesse della pratica chirurgica ambulatoriale: l’atto diagnostico e l’atto terapeutico. L’intervento ambulatoriale va considerato un gesto chirurgico a tutti gli effetti e necessita pertanto di un’adeguata preparazione, di una struttura dedicata con un ambiente e materiali di utilizzo sterili, fatta salva l’indispensabile preparazione ed esperienza dell’operatore e dei collaboratori.
Tra questi fondamentale è lo specialista anestesista e rianimatore. Infatti anche se la chirurgia mammaria ambulatoriale è considerata di minore impegno anche e soprattutto perchè praticata in anestesia locale, il rischio di reazioni avverse ai farmaci utilizzati non è mai da sottovalutare e anche se la casistica di incidenti squisitamente legati alla fase di anestesia è sicuramente bassa, l’importanza e la gravità di tali eventi non deve essere minimamente trascurata. Si aggiunga che in casi selezionati il singolo paziente può necessitare di una qualche forma di sedazione: tutto ciò rende assolutamente indispensabile la presenza di un anestesista rianimatore nell’area preposta.
L’atto operatorio ai fini diagnostici ha lo scopo di ottenere un campione bioptico comprendente la totalità o solo parte di una lesione da destinare alla valutazione anatomopatologica (istologica e di laboratorio) e può quindi essere considerato anche come la prima e più immediata fase di un eventuale trattamento terapeutico più complesso. Può essere effettuato sulla mammella stessa o sui linfonodi locali, ad esempio la biopsia del linfonodo sentinella.
L’atto operatorio con finalità terapeutiche è invece da considerarsi gesto radicale e conclusivo in se stesso, avendo come fine l’asportazione nella sua totalità di una lesione verosimilmente non sospetta. Sono soggette ad asportazione per lo più neoformazioni adeno o lipofibromatose, soprattutto se in crescita volumetrica, o nodularità displasiche, più raramente cisti eventualmente complicate (la cisti mammaria semplice si tratta generalmente solo tramite svuotamento per puntura e aspirazione). Anche forme di ginecomastia di dimensioni modeste sono passibili di trattamento ambulatoriale, come pure può essere considerato in questo gruppo anche il trattamento incisionale ed evacuativo di lesioni infiammatorie ascessualizzate.
Attualmente anche lesioni maligne di piccole dimensioni possono essere trattate in ambulatorio con anestesia locale o con sedoanalgesia. Le quadrantecomie di limitate dimensioni possono essere affrontate in ambulatorio e risolte compiutamente in quella sede.
Un’indicazione particolare all’intervento ambulatoriale consiste nell’esigenza psicologica di alcune pazienti di eliminare definitivamente dal proprio seno “qualcosa” che se anche viene ripetutamente definita dallo specialista come del tutto innocua, rappresenta comunque un motivo di tensione e preoccupazione: quando non risulti possibile rassicurare una paziente sull’innocuità di una lesione, va seriamente presa in considerazione la possibilità di risolvere una situazione che genera ansia e stress con un semplice atto chirurgico, che peraltro deve essere attentamente valutato con la paziente stessa in termini di rapporto costi/benefici.
Mentre il trattamento di lesioni palpabili non comporta in genere particolari difficoltà, nel caso di lesioni non palpabili si rende necessario l’utilizzo di metodiche atte a indicare precisamente al chirurgo la zona da asportare: la localizzazione precisa della lesione nell’immediata fase preoperatoria si ottiene generalmente per mezzo di un’ecografia o/e mammografia a seconda delle caratteristiche della lesione e della sua “evidenziabilità” strumentale. Fondamentale è in questo caso il controllo della effettiva presenza della lesione oggetto di trattamento nel frammento operatorio asportato, mediante ulteriore esame eco o mammografico sul pezzo stesso. Il gesto bioptico ambulatoriale può essere completato, in caso di necessità, dall’impiego di metodiche di marcatura dell’esatta sede in cui viene effettuata l’asportazione (reperi metallici o carbone sterile) così da poter facilmente ritrovare la zona interessata nel caso di eventuali reinterventi per ampliare l’asportazione quando una diagnosi istologica non del tutto tranquillizzante lo renda necessario.
Un aspetto fondamentale nella chirurgia ambulatoriale mammaria è l’estetica. Non è infatti giustificabile un risultato estetico approssimativo nel trattamento di lesioni nella stragrande maggioranza dei casi benigne e di dimensioni ridotte a carico di un distretto corporeo così denso di significato per una donna. La massima cura va posta nel limitare l’entità e la visibilità dell’incisione cercando non appena possibile di praticarla in aree che possano essere mimetizzate dalla struttura stessa della mammella (ad esempio la zona di demarcazione tra areola e cute circostante, il solco sottomammario, la zona ascellare) anche se a volte questa accortezza può rendere l’intervento un poco più indaginoso per l’operatore. Altrettanta cura va posta nella fase di ricostruzione dell’integrità della ghiandola mediante un accorto accostamento del parenchima residuo secondo le naturali linee di forza. Assieme a un attento accostamento dei lembi cutanei dell’incisione e ad una corretta tecnica di sutura si potrà così evitare la formazione di avvallamenti o plicature che rendendosi più evidenti con la riassunzione della posizione eretta, possono creare disappunto in chi si è affidato a noi.
In conclusione ,si devono considerare come chirurgia ambulatoriale ,tutti i trattamenti chirurgici di limitate o medie dimensioni che non richiedono narcosi e che non richiedono ricovero dopo l’esecuzione . Non si deve però spingere troppo l’indicazione alla chirurgia ambulatoriale a scapito della tranquillità della paziente e dell’operatore.
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